TUMORE COLON RETTO

Tumore colon retto

Scopri, cos'è e come trattarlo

DOTTOR CAPASSO
Questa neoplasia è una delle più diffuse nel mondo occidentale; la mortalità è in diminuzione grazie a screening, prevenzione e trattamenti sempre più efficaci.

Cos'è 

Il tumore del colon-retto è un cancro che si forma nei tessuti del colon (la parte più lunga dell’intestino crasso) o del retto (la parte dell’intestino crasso più vicina all’ano). Colon e retto fanno parte dell'intestino, l’organo che assorbe le sostanze nutritive assunte con il cibo. Ha l’aspetto di un tubo cavo la cui lunghezza varia da persona a persona tra i 4 e i 10 metri, ma in media è lungo 7 metri. L’intestino è suddiviso in due parti che hanno funzioni diverse: l’intestino tenue e l’intestino crasso. L’intestino tenue ‒ o piccolo intestino, a sua volta distinto in duodeno, digiuno e ileo ‒ ha la funzione di portare a termine la digestione iniziata in bocca e proseguita nello stomaco, cui è collegato tramite il duodeno. La funzione principale dell'intestino crasso ‒ o grosso intestino ‒ è invece di assorbire acqua per compattare le feci. L’Intestino crasso comprende colon ‒ a sua volta suddiviso in colon destro o ascendente (con il cieco e l'appendice), colon trasverso, colon sinistro o discendente e sigma ‒ e retto, che termina infine nel canale anale.

Come tutti i tumori, anche il tumore del colon-retto è una conseguenza della crescita incontrollata di cellule, in questo caso di quelle epiteliali della mucosa che riveste internamente la parte interna dell’intestino. I tumori dell’intestino nascono soprattutto nel colon e nel retto, mentre i tumori del piccolo intestino e del canale anale sono molti rari (2-3 per cento di tutti i tumori del tratto digerente). I tumori del colon sono quasi tre volte più frequenti dei tumori del retto, e si manifestano con modalità diverse sia a livello clinico sia molecolare. Questo condiziona il tipo di trattamento locale (chirurgia e/o radioterapia) e sistemico (chemioterapia, terapia biologiche e molecolari, immunoterapia), oltre alla sequenza in cui questi tipi diversi di cure vengono offerte al paziente.

Fattori Rischio

I fattori di rischio noti per il tumore del colon-retto sono legati alla dieta, ai geni e ad altre cause di tipo non ereditario. Poiché si tratta di fattori piuttosto comuni, in un certo senso tutti sono a rischio.

Fattori nutrizionali: molti studi hanno dimostrato che una dieta ad alto contenuto di grassi e proteine animali e povera di fibre è associata a un aumento dei tumori intestinali. Viceversa, diete ricche di fibre, caratterizzate da un alto consumo di frutta e vegetali, sembrano avere un ruolo protettivo. Obesità e sovrappeso costituiscono ulteriori fattori di rischio, in genere legati a una alimentazione e a uno stile di vita poco sani.
Fattori genetici: è possibile ereditare la predisposizione ad ammalarsi di tumore del colon-retto se nella famiglia d'origine si sono manifestate malattie come le poliposi adenomatose ereditarie (tra cui l'adenomatosi poliposa familiare, o FAP, la sindrome di Gardner e quella di Turcot) e il carcinoma ereditario del colon-retto su base non poliposica (detto anche HNPCC o sindrome di Lynch). Si tratta di malattie ereditarie trasmesse da genitori portatori di specifiche alterazioni genetiche e possono anche non dar luogo ad alcun sintomo. La probabilità di trasmettere alla prole il gene alterato è del 50 per cento, indipendentemente dal sesso. Questi tumori con fattori di rischio ereditari rappresentano circa il 10 per cento di tutti i tumori del colon-retto. Inoltre si stima che la probabilità di sviluppare un tumore del colon-retto aumenti di due o tre volte nei parenti di primo grado di una persona affetta da cancro o da polipi del grosso intestino, anche se non affetta da sindromi ereditarie riconosciute.
Fattori non ereditari: nel determinare il rischio di ammalarsi di tumore del colon-retto sono importanti anche l'età (l'incidenza è superiore nelle persone anziane), il fumo, la sedentarietà, le malattie infiammatorie croniche intestinali (come la rettocolite ulcerosa e il morbo di Crohn), una storia clinica passata di polipi del colon o un pregresso tumore del colon-retto. Polipi e carcinomi che non rientrano tra le sindromi ereditarie sono definiti "sporadici".


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Sintomi


In generale i polipi non provocano sintomi, ma a volte possono dar luogo a piccole perdite di sangue, rilevabili con un esame delle feci per la ricerca del cosiddetto "sangue occulto". In alcuni casi le perdite di sangue sono maggiori e visibili anche a occhio nudo e si possono verificare anche vere e proprie emorragie rettali.

I sintomi sono molto variabili e condizionati da diversi fattori quali la sede del tumore, la sua estensione e la presenza o assenza di ostruzioni o emorragie. Questo fa sì che le manifestazioni di questo tipo di cancro siano spesso sovrapponibili a quelle di molte altre malattie addominali o intestinali. Per questo, sintomi precoci, vaghi e saltuari quali la stanchezza e la mancanza di appetito, e altri più gravi come l’anemia e la perdita di peso, sono spesso trascurati dal paziente, soprattutto se in giovane età. Talora una stitichezza ostinata, alternata a diarrea, può costituire un primo campanello d’allarme da non sottovalutare.

Diagnosi

Il tumore del colon-retto viene oggi diagnosticato sempre più precocemente, almeno nei Paesi ad alto reddito, grazie alle campagne di screening sulla popolazione nella fascia d’età considerata più a rischio.

Al di là dello screening, il primo passo per la diagnosi è la raccolta da parte del medico di informazioni sulla storia clinica personale e familiare del paziente seguita da una visita completa, che consiste per esempio nella palpazione dell'addome alla ricerca di eventuali masse nell’intestino, nel fegato e nei linfonodi. Nel caso dei tumori del retto, l’esplorazione rettale manuale consente di effettuare la diagnosi qualora il tumore sia già palpabile.

Gli esami ematochimici (su sangue e urine) e la ricerca del marcatore tumorale carcino-embrionario (CEA) possono essere utili a definire meglio il quadro generale.

Per completare la diagnosi è necessario tuttavia ricorrere a esami strumentali, prima tra tutti la colonscopia che, grazie alla possibilità di prelevare direttamente un pezzetto di tessuto (biopsia), consente di fare subito l'analisi istologica, cioè l'esame diretto del materiale estratto. Ecografia, tomografia computerizzata (TC) e risonanza magnetica sono utilizzate poi per valutare l’estensione del tumore stesso e la presenza o meno di metastasi a distanza.

L’analisi del profilo molecolare del tumore, ossia dei geni espressi e delle loro alterazioni, viene effettuata sulla biopsia di tessuto prelevata mediante colonscopia e può servire a definire meglio la prognosi e la terapia: alcune alterazioni sono associate a un andamento migliore o peggiore della malattia e alla sensibilità ai farmaci disponibili, anche immunoterapici.


La tecnica Laparoscopica per curare il Tumore del colon retto

Le nuove tecniche consentono grande accuratezza e minima perdita di sangue lavorando attraverso piccoli "fori", grazie a una telecamera con tecnologia 4K che ingrandisce e magnifica le immagini e a strumenti estremamente avanzati.

«Da molti anni – spiega lo specialista - ormai sia in Italia sia all’estero, la patologia tumorale del colon-retto viene trattata con la tecnica laparoscopica mini-invasiva. La laparoscopia è una tecnica chirurgica, introdotta in Italia alla fine degli anni Ottanta, che consiste in un approccio assolutamente meno cruento rispetto alla classica chirurgia cosiddetta open, ovvero attraverso dei cosiddetti “buchini” invece della più o meno ampia incisione chirurgica».

Alla chirurgia si associano inoltre terapie mediche chemioterapiche e radioterapiche che verranno eseguite prima o dopo la chirurgia, in relazione allo stadio, localizzazione del tumore, età e condizioni cliniche del paziente.

Per trattare il tumore del colon retto, il trattamento chirurgico avviene in laparoscopia 3D full hd. 
La radicalità è garantita con adeguata linfoadenectomia. Degenza breve.

«Questa tecnica è associata a un minor dolore postoperatorio, a una più veloce ripresa della funzionalità dell’apparato gastroenterico e a una rapida ripresa della normale attività del paziente, all’assenza delle infezioni della ferita e nel caso di patologie tumorali alla possibilità di preservare le difese immunitarie modo da poter iniziare immediatamente le cure oncologiche necessarie.

Negli ultimi anni sono stati ampiamente dimostrati con studi internazionali i vantaggi dell’utilizzo della laparoscopia nella cura dei tumori e in particolare dei tumori del colon-retto, in cui hanno evidenziato risultati sovrapponili fra laparoscopia e tecnica classica, in termini di sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da malattia.

È stato inoltre dimostrato che in centri selezionati con chirurghi specializzati si ottengono risultati superiori a quelli della chirurgia tradizionale. Alla luce dei dati scientifici, quindi, crediamo che ad oggi la laparoscopia sia la tecnica di scelta nella cura dei tumori del colon-retto.

Ovviamente deve essere praticata da chirurghi sottoposti a un’adeguata curva di apprendimento, per ottenere i migliori vantaggi in termini di benessere del paziente e radicalità oncologica. È fondamentale infatti che l’asportazione del tratto di intestino in cui è localizzato il tumore sia sempre radicale e preveda anche l’asportazione dei linfonodi corrispondenti.

A questo proposito, un ulteriore passo in avanti per migliorare la qualità delle cure disponibili nel nostro ospedale è stata l'introduzione dell’Immunofluorescenza, un dispositivo che - attraverso l’iniezione in sede peritumorale di una sostanza chiamata verde indocianina che colora di verde il circolo sanguigno - permette di evidenziare e quindi asportare tutti i linfonodi, anche quelli non visibili ad occhio umano, controllare la vascolarizzazione dei segmenti di intestino e di conseguenza prevenire la più temibile delle complicanze, ovvero la comparsa di fistole (piccole aperture che frequentemente obbligano il paziente a subire il disagio di dover portare “il sacchetto” e un secondo intervento chirurgico nei mesi successivi)».
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